venerdì 11 ottobre 2013

Accoglienza dei profughi: la Regione Lazio volta pagina. In cantiere una nuova legge

La Regione Lazio lancia la sfida di un cambiamento radicale del sistema di accoglienza per i profughi e i rifugiati. Primo passo: una nuova legge da varare al più presto e che ha l’ambizione di proporsi eventualmente come modello o punto di riferimento per altre regioni italiane e per la stessa nuova normativa nazionale che, sulla scia della tragedia di Lampedusa, viene invocata da più parti.
Se ne è discusso in un incontro tra l’assessore ai servizi sociali Rita Visini, il consigliere Enrico Forte (Pd) e don Mussie Zerai, fondatore e portavoce dell’agenzia Habeshia. Una presenza, questa, certamente non casuale: don Zerai – che da anni denuncia il dramma dei rifugiati e il muro di ostilità e diffidenza eretto in Italia e in buona parte dell’Europa nei loro confronti – è di origine eritrea: eritreo come buona parte, la maggioranza, degli uomini e delle donne che hanno perso la vita a Lampedusa, proprio quando pensavano che si profilasse finalmente la salvezza dalla guerra e dalle persecuzioni da cui erano fuggiti.
“La tragedia di Lampedusa urla che dobbiamo accelerare i tempi per la riforma che abbiamo in mente – ha dichiarato l’assessore Rita Visini – Ma l’idea di varare una nuova normativa, anzi, un nuovo sistema, più vicino e attento ai bisogni reali dei profughi, è stata fin dall’inizio uno dei punti guida del mio assessorato e della giunta. Ci ha spinto a inserirla tra le priorità della Regione la situazione esplosiva che si registra giorno per giorno nell’intero Lazio: in particolare a Roma, ma anche nell’hinterland e nelle altre quattro province. Voglio citare per tutte le condizioni del Centro di assistenza per i richiedenti asilo (Cara) di Monterotondo che, proprio nell’ambito del programma di cambiamento che vogliamo mettere a punto, ho avuto modo di visitare pochi giorni prima della sciagura che ora richiama tutta l’Italia alle sue responsabilità. Ne ho avuto l’ennesima conferma che non c’è neanche un’ora da perdere per cercare di cambiare le cose: non ha senso mantenere in piedi il sistema attuale, che non assicura né assistenza né accoglienza”.
“La nuova legge che andremo a varare, spero nel tempo più rapido possibile – aggiunge Enrico Forte – oltre a cercare di dare risposte adeguate ai problemi citati dall’assessore Visini, può mirare a mio avviso anche a un obiettivo più alto: diventare la base di discussione non solo su tutto il sistema di accoglienza, locale e nazionale, ma su quello che c’è a monte. In una parola, sui rapporti e sulle politiche nazionali ed europee nei confronti del Sud del mondo. In particolare dei paesi africani dai quali arriva la maggioranza dei rifugiati e dei paesi di transito, come la Libia o l’Egitto. Penso, ad esempio, a corridoi umanitari per l’emigrazione, in modo da tagliare il terreno sotto ai piedi dei trafficanti di esseri umani. Ma anche a una maggiore attenzione per gli interessi e le esigenze delle popolazioni di quei paesi. Interessi ed esigenze che non sempre corrispondono a quelli dei governi e alle scelte fatte dalla politica occidentale in quelle realtà. E’ solo un sogno? Può darsi. Ma mi piace sognare che la rivoluzione dell’accoglienza e dei rapporti tra Nord e Sud del mondo sollecitata con forza anche da papa Francesco, possa partire almeno in parte dal Lazio. Dire, insomma, ‘noi nel Lazio facciamo così’, voi che cosa fate?”.
L’idea alla base della legge che si intende impostare è quella di smantellare, in pratica, l’attuale sistema che ha portato a creare centri di accoglienza enormi, diventati pressoché ingestibili, e che di fatto abbandona i profughi al loro destino o, peggio, offre il destro a speculazioni, iniziative e abusi che non di rado hanno richiamato anche l’attenzione della magistratura. Il modello potrebbe essere quello della Svizzera o di vari paesi del Nord Europa, come la Svezia, dove non esistono strutture simili ai nostri Cara: i rifugiati, una volta ottenuto dallo Stato il diritto alla protezione internazionale, vengono presi in carico dalle varie regioni, che li distribuiscono su tutto il territorio in piccoli gruppi, seguendone passo per passo il percorso di inserimento lavorativo e sociale e cercando di garantire loro la massima autonomia. In estrema sintesi, l’obiettivo è quello di farli sentire “persone”, ciascuno con la propria storia e la propria voglia di ricominciare, e non massa anonima, destinata a finire di fatto in una sorta di ghetto.
“Non deve più accadere – ha insistito don Zerai – che i profughi, dopo che la loro richiesta di asilo è stata accettata, vengano di fatto abbandonati, con un biglietto del treno in tasca e l’invito a recarsi da qualche parte in Italia. Magari a Roma. Perché questo accade oggi in quasi tutti i Cara d’Italia. Anche per questo consiglio ad ‘andare a Roma’, la situazione della Capitale è diventata esplosiva, con migliaia di disperati ai quali lo Stato italiano ha riconosciuto la protezione internazionale ma che di fatto sono stati lasciati in balia di se stessi, ‘invisibili’ condannati a vivere in rifugi di fortuna e a finire fatalmente nel giro dello sfruttamento e del lavoro nero”.
Secondo le ultime stime, riferite alla fine dell’incontro all’assessorato da don Zerai, si calcola che a Roma ci siano oltre duemila profughi alloggiati alla meglio in vari palazzoni in disuso occupati o nelle baraccopoli. In particolare, oltre 1.200 in un edificio, già dell’Università di Tor Vergata, alla Romanina; circa 600 sulla via Collatina; qualche centinaio nel campo “spontaneo” di Ponte Mammolo, sull’Aniene, oltre a una serie di insediamenti minori. Più di duemila “non persone” prive di diritti. E le condizioni dei tantissimi alloggiati nel Cara di Monterotondo non sono molto dissimili. “Non per niente – ha spiegato don Zerai – a migliaia rifiutano le grandi strutture di accoglienza: lì dentro spariscono come persone e non vedono alcuna prospettiva. ‘Passiamo il tempo a non far niente o magari a litigare tra di noi’, mi hanno detto in molti. Fuori, pur nelle condizioni difficilissime in cui vivono, riescono ancora a coltivare la speranza di riuscire almeno a trovare un lavoro”.

La nuova legge regionale punta a cambiare tutto questo. Per riempirla di contenuti e  individuarne le direttive, l’assessorato intende coinvolgere anche le organizzazioni che, come l’agenzia Habeshia, operano sul territorio, a Roma e nel Lazio, a contatto diretto con questa drammatica realtà. La prossima settimana, intanto, è in programma l’ispezione di Enrico Forte ed altri consiglieri regionali nei maggiori edifici “invasi” e nelle baraccopoli per un confronto diretto con i rifugiati: l’obiettivo è stilare un dossier da porre alla base delle ragioni a sostegno della riforma radicale del sistema di accoglienza in tutto il Lazio.  

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