giovedì 3 febbraio 2011

Le verita negate dall'Italia, escono fuori dalle rivelazioni di Wikileaks

Wikileaks, rifugiati eritrei pestati dai militari della marina italiana durante i respingimenti in Libia

Nuovi file diplomatici svelano l'uso della violenza da parte dei militari italiani con gli immigrati e l’Ambasciatore a Tripoli che si nega all'Onu.

Migranti respinti dall'Italia a Tripoli (Ansa - foto concesse dal Consiglio Italiano per i Rifugiati)
Migranti respinti dall'Italia a Tripoli (Ansa - foto concesse dal Consiglio Italiano per i Rifugiati)

New York, 3 febbraio 2011 - Nuove rivelazioni dai file nei documenti diplomatici Usa diffusi dal sito Wikileaks e pubblicati oggi dall’Unità. Eritrei pestati dai militari della marina italiana durante i respingimenti in Libia e l’Ambasciatore italiano a Tripoli che fa finta di niente e si nega alle pressanti richieste dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite.
In un cablogramma datato 5 agosto 2009, l’Ambasciatore americano Gene Cretz riferisce sull’incontro avuto con il direttore dell’Alto Commissariato dei rifugiati a Tripoli, l’iracheno Mohamed Alwash, in piena stagione di respingimenti. Obiettivo dell’incontro è definire un piano di accoglienza negli Stati uniti per un gruppo di rifugiati eritrei respinti dall’Italia e detenuti a Misratah, ma Alawash racconta anche del pestaggio subito dagli eritrei respinti dalla marina italiana il 1 luglio e dell’ostruzionismo dell’Ambasciatore italiano, Francesco Trupiano.
Il 1 luglio, i militari italiani intercettano un barcone con 89 persone a bordo, tra cui 75 eritrei, comprese nove donne e tre bambini. “Quando l’imbarcazione è stata intercettata - racconta Alwash all’Ambasciatore - tre degli eritrei hanno chiesto di parlare con il comandante della nave italiana per informarlo del loro status di rifugiati. Diversi passeggeri hanno mostrato al comandante i loro attestati rilasciati dagli uffici dell’Alto commissariato dei rifugiati delle Nazioni Unite”. Ma il comandante risponde che c’è “un ordine tassativo del governo italiano di riportare i migranti in Libia” e quindi ordina a tutti di salire sulla nave italiana diretta in Libia. Al rifiuto degli eritrei, i militari italiani passano alle maniere forti: Alwash riferisce di “scontri fisici tra i migranti e l’equipaggio italiano che si concludono con alcuni degli africani picchiati dagli italiani con bastoni di plastica e di metallo”. Alla fine si contano “almeno sei feriti”.
Dopo due giorni di insistenti richieste, gli operatori delle Nazioni Unite ottengono l’autorizzazione a incontrare il gruppo dei migranti respinti. Alwash sollecita il governo italiano, ma non arrivano risposte, e agli americani confida di ritenere che “il governo italiano faccia intenzionalmente ostruzionismo alle Nazioni Unite”.
In particolare, il responsabile Onu afferma che l’Ambasciatore italiano “Trupiano si rifiuta di incontrarsi con l’Unhcr” e di aver saputo che il diplomatico dice di lui che è soltanto un “piantagrane”. Trupiano, continua Alwash, è concentrato solo sui respingimenti e dice addirittura di non sapere niente di un iniziale accordo tra Nazioni Unite e governo italiano per riportare in Italia una ventina dei 93 titolari di asilo politico che le Nazioni Unite hanno identificato tra i respinti in Libia.
Un quadro che porta il responsabile Onu a concludere che “l’accordo di cooperazione tra Italia e Libia per respingere i migranti intercettati nel Mediterraneo verso la Libia stia violando i diritti umani dei migranti e mettendo in pericolo i richiedenti asilo”.

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